Il c.d. Collegato Lavoro sta percorrendo l’iter parlamentare di approvazione. Durante i lavori della Commissione Lavoro Pubblico e Privato della Camera dei Deputati, sono stati approvati alcuni emendamenti che integrano e modificano il testo originario. Tra questi c’è un emendamento, passato in sordina, che modifica la gestione dei fondi per la formazione Formatemp.
Formatemp è il Fondo per la formazione e il sostegno al reddito dei lavoratori somministrati, costituito per legge e disciplinato dall’art. 12 del Decreto legislativo 276/2003, ma gestito dalle Parti Sociali che regolano il settore della somministrazione. Il contributo che alimenta il Fondo è versato dalle Agenzie per il Lavoro ed è pari al 4% delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali dei lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato e indeterminato in somministrazione. L’emendamento in questione recita come segue: “in considerazione dei rapidi cambiamenti del mercato del lavoro che richiedono il tempestivo adeguamento delle competenze dei candidati e dei lavoratori assunti sia a tempo determinato che indeterminato e della necessità di reperire e formare le professionalità necessarie sia per soddisfare i fabbisogni delle imprese che per favorire l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), è consentito l’utilizzo congiunto, sostitutivo o integrativo delle risorse di cui ai commi 1 e 2 in deroga alle previsioni di cui al comma 3.”.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza. Innanzitutto, sussiste una questione di metodo: in una materia delicata come la gestione dei provvedimenti in capo alla bilateralità, seppur disciplinata come nel caso di specie dalla legge ma di delega alle Parti Sociali, appare singolare che il legislatore decida di intervenire senza un confronto con tutte le medesime parti coinvolte, svilendo il ruolo della contrattazione che definisce e regolamenta il settore.
Entrando nel merito del contenuto dell’emendamento, lo stesso risulta incompleto, o quanto meno non pienamente sviluppato. Si fa riferimento all’abusata (ma sempre di tendenza) attuazione del PNRR e, pertanto, sarebbe stato coerente prevedere una durata della norma (non oltre il 2026). Si parla di adeguamento delle competenze, e in questo senso sarebbe utile riferirsi ai contenuti del Decreto in ambito IVC (Individuazione Validazione e Certificazione delle Competenze) che lo stesso Governo ha emanato ad agosto scorso: il cambio di paradigma sembrava essere quello di passare dalla formazione generica, dalla produzione dei corsifici, all’erogazione di percorsi centrati sulla professionalizzazione, restituendo e validando le cosiddette microcompetenze, con l’obiettivo di rimettere al centro la persona, il lavoratore.
Invece l’emendamento, consentendo l’utilizzo congiunto, sostitutivo o integrativo delle risorse quali tipologie di corsi si prefigge di sostenere? È bene ricordare che Formatemp finanzia varie tipologie formative destinate o a candidati a missione o a lavoratori attivi assunti in somministrazione a tempo determinato e indeterminato. Si pensa che la contribuzione di un lavoratore a tempo indeterminato possa essere destinata non per qualificare o riqualificare lo stesso lavoratore nei casi di interruzione del contratto con l’utilizzatore, ma per formare candidati a missione che possano soddisfare i fabbisogni delle imprese, senza però prevedere un obbligo di placement, materia tipica della contrattazione? Oppure lo stesso candidato a missione potrebbe andare a riempire le aule dove si trasferiscono solo competenze trasversali che non prevedono alcuna ricaduta occupazionale? Pertanto, non verranno destinate nuove risorse per la formazione dei lavoratori, ma in realtà si intende solo foragggiare gli enti di formazione.
Infatti, come sempre, c’è la realtà e c’è la storia (che non è quasi mai maestra di vita in questi casi). Oggi coloro che ricevono meno formazione sono i lavoratori attivi (ovvero coloro che hanno già un contratto in somministrazione), questo non perché non ci siano le risorse finanziarie disponibili, ma perché è più difficile formare (e mettere in aula) un lavoratore con una missione in corso quando l’impresa utilizzatrice, nella migliore delle ipotesi, ha richiesto quella persona proprio per far fronte a un picco di attività. Sarebbe stata più utile ed efficace una norma a sostegno della formazione continua dei lavoratori temporanei in corso di missione, magari proporzionando la durata dell’intervento formativo con la durata del contratto di lavoro. È importante che i lavoratori temporanei inoltre ricevano una formazione dedicata al termine del loro contratto di lavoro, per essere ricollocati e riqualificati. A tal proposito, la contrattazione collettiva di settore ha introdotto la misura del diritto mirato ai percorsi di riqualificazione, destinata proprio a coloro che avendo lavorato almeno 110 giornate in somministrazione e rimasti senza lavoro, possono richiedere ad una qualsiasi agenzia per il lavoro di ricevere un servizio di orientamento, bilancio delle competenze e formazione professionale: questa misura può essere sostenuta da risorse finanziarie già disponibili e le parti sociali sono impegnate e rendere la misura più esigibile e percorribile.
Analogo discorso può essere sviluppato per i somministrati a tempo indeterminato. Oggi, grazie alla contrattazione, vengono formati in modalità FAD (formazione a distanza asincrona) migliaia di lavoratori, che hanno la possibilità di scegliere liberamente a quale corso attingere da un catalogo concordato con le Parti Sociali, ricevendo al termine del corso un sostegno economico di 100 euro.
L’attuale suddivisione dei fondi Formatemp tra lavoratori somministrati a tempo determinato e indeterminato è tutt’altro che antistorica, anzi. Avendo oggi circa 1/3 della forza lavoro in somministrazione con un contratto a tempo indeterminato, risulta ancora più decisivo costruire dispositivi e interventi formativi specifici per adeguare le competenze di questi lavoratori.
Questa norma è dirompente dal momento che non prevede alcuna disciplina della deroga: che ruolo resta alla contrattazione collettiva, ai soggetti chiamati a decidere di quali e quante misure di politica attiva possono usufruire i destinatari definiti dal legislatore nel 2003?
Sarebbe opportuno stralciare l’emendamento e promuovere, in accordo con le parti sociali, una revisione integrale dell’art. 12 del decreto 276/2003. Una norma, pensata e promulgata 20 anni fa, ha bisogno di essere riattualizzata per le situazioni dei mercati del lavoro profondamente diversi dall’inizio secolo, mettendo al centro i lavoratori in somministrazione e modernizzando e adeguando le misure da destinare agli stessi. Ci sarebbe ancora il tempo per interrogarsi su quali politiche costruire, finanziare e realizzare per rispondere con immediatezza e senso di responsabilità a questo complesso mercato del lavoro in continua evoluzione.
Per fare questo occorre una visione. Per fare questo occorre competenza e coraggio. Ma, come “confessa” don Abbondio di fronte al Cardinale Federico Borromeo, il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare.