Come si legge il cedolino della busta paga
Viene consegnato ogni mese ai lavoratori e contiene la retribuzione per il lavoro svolto, calcolato sulla base del contratto e delle diverse voci previste dalla normativa. Ecco alcune indicazioni per interpretare il cedolino e i suoi elementi. Qual è la differenza tra cedolino e busta paga? Per mettere ordine nella lettura del documento che contiene lo stipendio per le prestazioni lavorative, conviene anzitutto chiarire che non c’è alcuna differenza tra cedolino e busta paga. Questa infatti viene chiamata anche:
- prospetto paga;
- cedolino paga.
Nomi diversi per indicare la stessa cosa: il documento obbligatorio, previsto dalla legge n. 4/1953, che deve essere consegnato dal datore di lavoro ogni mese. Contiene l’importo della retribuzione per un determinato periodo di lavoro. Il cedolino non è destinato solo ai lavoratori dipendenti diretti:
- è emesso anche per quelli in somministrazione, il cui datore di lavoro formale, secondo la normativa, è l’agenzia di somministrazione;
- è inviato anche ai lavoratori con collaborazione coordinata e continuativa ai quali il committente è tenuto a corrispondere il compenso.
HAI BISOGNO DI UNA CONSULENZA? CONTATTACI Come si legge il cedolino dello stipendio?Un cedolino si compone di più parti e si articola in diverse voci. Vediamo allora come si legge la busta paga nelle sue diverse sezioni. Nella prima parte del documento vengono riportate di norma:
- la denominazione del datore di lavoro;
- le informazioni sul lavoratore.
Sono gli elementi fissi della busta paga e comprendono solitamente:
- dati anagrafici e dati identificativi;
- sede di lavoro;
- livello e qualifica;
matricola;
- codice fiscale.
Segue la prima sezione numerica relativa alla retribuzione con le somme mensili percepite sulla base del contratto collettivo nazionale (CCNL) di riferimento. Tra i cosiddetti valori base rientrano:
- lo stipendio classe iniziale;
- la retribuzione individuale di anzianità (RIA), per chi ne ha diritto;
- l’Assegno ad personam, solo per gli aventi diritto.
La busta paga contiene anche gli elementi variabili che vanno ad incidere sulla retribuzione per il periodo interessato. Nel corpo centrale del cedolino rientrano quindi gli eventuali congedi registrati e le ore lavorate sempre relative all’intervallo di tempo considerato. Altri elementi variabili sono ad esempio:
- gli straordinari;
- le indennità come quelle per turni e lavoro notturno;
- lavoro festivo;
- premi.
L’importo finale varia a seconda del valore di questi dati.
Nella parte centrale vengono indicate anche di norma:
- le assenze retribuite e non, come i giorni di ferie e i permessi maturati;
- i permessi per lutto, elettorali e sindacali;
- le assenze indennizzate dall’Inps;
- i trattamenti in caso di malattia e maternità;
- la Cassa integrazione;
- altri permessi come quelli per l’assistenza di soggetti disabili (legge 104).
La parte bassa della busta paga contiene infine tutti gli elementi legati ai contributi previdenziali e alle trattenute fiscali. I dati previdenziali includono ad esempio:
- i contributi Inps e Inail;
- l’Assegno unico familiare.
L’ammontare di queste trattenute varia a seconda dell’inquadramento del datore di lavoro e del tipo di attività svolta dall’impresa in cui si lavora. Per dati fiscali si intendono:
- l’imponibile fiscale;
- l’imposta lorda IRPEF;
- le detrazioni;
- il totale delle trattenute IRPEF.
Si aggiungono le voci di accantonamento per il TFR (Trattamento di fine rapporto) e TFS (trattamento di fine servizio).
L’importo netto (o retribuzione netta) del cedolino è quindi il risultato della differenza tra l’importo lordo e le trattenute/accantonamenti. HAI BISOGNO DI UNA CONSULENZA? CONTATTACI Come capire se le trattenute in busta paga sono giuste?Considerando la complessità della materia e delle misure previdenziali e fiscali, il lavoratore può essere dubbioso sulla regolarità della retribuzione. Può armarsi di calcolatrice e cedolino per capire se le trattenute applicate siano corrette o meno. Partendo dalla retribuzione lorda, deve calcolare le trattenute previdenziali a carico del lavoratore: sono quelle trattenute che vanno a sommarsi per la pensione. Per fare ciò può essere utile chiedere supporto ad un’operatore sindacale come, per esempio, FeLSA CISL. Si calcolano applicando all’imponibile Inps (somma degli elementi di retribuzione fissa e variabile) l’aliquota previdenziale che è nella maggior parte dei casi del 9,19% o del 9,49% nell’industria. A questo punto, può procedere al controllo dell’imponibile IRPEF, che è il risultato della sottrazione tra retribuzione e aliquota INPS.
La procedura richiede di applicare l’aliquota IRPEF corretta, perchè questa varia a seconda del reddito: più aumenta, più l’aliquota si alza. Appare chiaro come non sia un’operazione semplice quella per capire se le trattenute in busta paga siano giuste o meno. In compenso, il lavoratore può affidarsi alla consulenza di un patronato o di un operatore sindacale dove consulenti professionali ed esperti sapranno chiarire dubbi e perplessità. Per chi lavora in somministrazione è importante conoscere anche il CCNL applicato dall’azienda utilizzatrice oltre a quello delle agenzie per il lavoro, per questa ragione può essere utile rivolgersi agli sportelli sindacali. HAI BISOGNO DI UNA CONSULENZA? CONTATTACI Come funziona l’ultima busta paga?Una delle buste paga più corpose è quella che viene emessa alla cessazione del rapporto di lavoro. Al termine del contratto l’azienda ha infatti il dovere di corrispondere le competenze di fine rapporto. Si tratta di competenze che per i lavoratori in somministrazione devono essere corrisposte alla chiusura di ogni missione di lavoro. Sono previste:
- in caso di scadenza del contratto;
- in caso di dimissioni;
- in caso di licenziamento.
La voce competenze di fine rapporto prevede:
- le ferie e permessi residui;
- i ratei residui per tredicesima e quattordicesima, se previste;
- il Trattamento di fine rapporto;
- l’indennità di mancato preavviso.
L’indennità di mancato preavviso è prevista nel caso di licenziamento del lavoratore. In tale circostanza, il datore è obbligato a rispettare un periodo di preavviso per assicurare al lavoratore il tempo di trovare un nuovo impiego. Salvo che nei casi di giusta causa, il licenziamento in tronco non è legittimo. Va quindi considerato il mancato preavviso come se fosse tempo lavorato: per questo motivo si somma alle competenze di fine rapporto. Il principio vale anche di fronte a dimissioni per giusta causa e per maternità. Anche se in queste ipotesi non è previsto l’obbligo di preavviso, l’azienda deve comunque corrispondere l’indennità. Può tuttavia palesarsi anche uno scenario in cui l’ultima busta paga per la cessazione del rapporto di lavoro sia meno corposa delle precedenti. A incidere sull’ammontare inferiore sono:
- le trattenute di carattere straordinario per il mancato rispetto dei patti;
- il risarcimento per i danni provocati dal dipendente.
In caso di dimissioni che non siano per giusta causa o maternità, anche il lavoratore, al pari del datore, è tenuto al rispetto del preavviso. In questo modo l’azienda ha modo e tempo di trovare un sostituto. Nel caso del lavoro in somministrazione le dimissioni decorrono dal 1° o dal 15 del mese, e i tempi di preavviso vanno calcolati a partire da quella data. Se quindi un lavoratore si dimette il 16 del mese, le dimissioni avranno decorrenza dal 1 giorno del mese successivo, e quindi i giorni di preavviso andranno calcolati a partire da quella data. Se non rispetta tale obbligo, deve corrispondere al datore un’indennità pari allo stipendio che avrebbe percepito nel caso di preavviso lavorato. L’indennità viene applicata cos è sulla retribuzione dovuta nel cedolino, alleggerendolo notevolmente.