A Roma il 9 dicembre l’evento organizzato dalla FeLSA CISL per presentare le sue proposte di miglioramento dello Staff Leasing.
La CISL ha sempre considerato la somministrazione uno strumento contrattuale in grado di coniugare le richieste di flessibilità delle aziende con le esigenze di tutela e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici. Alcuni elementi normativi posti dal legislatore già all’atto dell’introduzione dell’allora lavoro interinale andavano in questa direzione, come ad esempio il riconoscimento e l’applicazione del principio della parità di trattamento, già previsto dalla L. 196/97 e poi richiamato dai decreti legislativi 276/03 e 81/15. Un principio, quello della parità di trattamento, che qualifica alla base questa tipologia contrattuale non come una modalità per reperire manodopera a basso costo, bensì come uno strumento che garantisce al lavoratore in somministrazione i medesimi trattamenti economici (anche di secondo livello) e normativi dei lavoratori assunti direttamente dall’impresa utilizzatrice.
Un secondo aspetto particolarmente lungimirante previsto dal legislatore è stato l’introduzione di un cospicuo contributo al fondo per la formazione e il sostegno al reddito di FormaTemp. In questo modo era chiaro fin da subito che la volontà fosse quella di accompagnare le tutele normative ed economiche sul luogo di lavoro con un concetto di occupabilità, inteso come acquisizione e consolidamento delle competenze lungo tutto il percorso professionale, al fine di offrire maggiori garanzie nel mercato del lavoro.
Oltre agli aspetti legislativi, siamo profondamente convinti che sia stata l’esperienza contrattuale delle parti sociali della somministrazione ad aver dato un ulteriore impulso alla qualificazione del settore, esercitando un ruolo di primo piano nell’ambito della disciplina dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, in particolare in quella specifica condizione in cui i lavoratori non sono in missione ma in disponibilità.
Nell’ultimo rinnovo del CCNL, in particolare, abbiamo profondamente rivisto tale procedura, modificandone anche la denominazione da “mancanza di occasioni di lavoro” a “procedura di ricollocazione”, proprio per identificare come finalità primaria la ricollocazione e la rioccupazione del lavoratore nel mercato del lavoro. In questa fase l’Agenzia per il Lavoro assume un ruolo centrale di datore di lavoro e, in quanto tale, deve esercitare pienamente le sue responsabilità e prerogative nell’accompagnare il lavoratore verso una nuova opportunità.
In tale procedura abbiamo incrementato l’indennità di disponibilità portandola a 1.150 euro/mese; abbiamo previsto una durata maggiorata in caso di interruzione delle missioni per infortunio, per lavoratori con disabilità e, soprattutto, per le lavoratrici alle quali venga interrotta la missione durante la gravidanza (in questo caso la procedura si estende fino a un anno di vita del bambino, con retribuzione piena). Inoltre, abbiamo introdotto una procedura specifica finalizzata alla gestione delle ricollocazioni plurime, ritenendo che l’interruzione massiva delle missioni di decine di lavoratori non possa essere ridotta a una mera gestione contrattuale commerciale, ma debba essere considerata primariamente un problema sociale e occupazionale da prevenire o comunque da gestire sindacalmente e politicamente.
A tal proposito, uno strumento che auspichiamo possa contribuire in modo rilevante alla continuità occupazionale è il cosiddetto Basket CV: l’obbligo per le Agenzie per il Lavoro di condividere i profili dei lavoratori in disponibilità entro un massimo di quattro mesi dall’avvio della procedura. Trascorso questo periodo senza ricollocazione, il CV viene condiviso con tutti gli operatori del settore, così da aumentare le opportunità di reimpiego. Il contratto ha inoltre ulteriormente rafforzato il sistema di welfare bilaterale del settore, prevedendo un potenziamento delle prestazioni sanitarie, soprattutto per i lavoratori con rapporti di lavoro più continuativi.
La contrattazione e le parti sociali hanno quindi contribuito a rendere questa tipologia contrattuale maggiormente adeguata alle necessità delle Agenzie per il Lavoro e dei lavoratori.
In questo contesto, diversi Tribunali (Reggio Emilia, Milano e Modena) hanno effettuato un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea sulla legittimità dello strumento dello staff leasing in relazione al diritto comunitario, a fronte della contestazione di determinati abusi o utilizzi impropri rappresentati nelle diverse fattispecie in giudizio.
La posizione della FeLSA CISL sullo staff leasing non è né di netta condanna dell’istituto, tale da richiederne l’eliminazione dall’ordinamento, né di difesa acritica che lo consideri immune da vizi applicativi. Osserviamo infatti che oggi oltre 125.000 persone sono impiegate con questa forma contrattuale, sicché una dichiarazione di illegittimità tout court rischierebbe di generare un caos occupazionale: i lavoratori in missione potrebbero perdere il posto in conseguenza della scelta delle aziende di cessare le missioni per evitare contenziosi o sanzioni.
Lo staff leasing in base ai dati ritraibili da Forma.temp e dalle Comunicazioni Obbligatorie si sta affermando come una importante occasione di lavoro non solo in grado di garantire livelli retributivi elevati, come attesta il salario orario lordo della somministrazione a tempo indeterminato pari a 15,1 euro, ma anche come strumento contrattuale capace di favorire significative esperienze professionali in grado di valorizzare tutti i successivi percorsi di carriera. I contratti in somministrazione a tempo indeterminato ed in modo particolare quelli in staff leasing sono, infatti, in grado di garantire rispetto ai contratti standard a tempo indeterminato:
Queste valutazioni emergono dal confronto tra gli occupati che cessano un contratto a tempo indeterminato nella somministrazione (sia con Missioni a Termine che in Staff Leasing) con quelli che invece cessano un contratto a tempo indeterminato standard.
Concentrando l’attenzione sui lavoratori con contratto a tempo indeterminato nella somministrazione (sia con missioni a termine che in staff leasing) emerge come questo gruppo nel suo complesso mostri livelli di reinserimento lavorativo più elevati rispetto agli occupati che cessano il lavoro da un Contratto a Tempo Indeterminato standard.
In particolare:
Molto rilevante anche il dato che riguarda i lavoratori provenienti dallo staff leasing rispetto alla maggiore stabilità occupazionale in assoluto: oltre la metà (54,7%) tra quelli che cessano dallo staff leasing ottiene, infatti, dopo 90 giorni dalla cessazione, un contratto a tempo indeterminato standard, ad evidenziare la solidità del percorso occupazionale intrapreso con questa tipologia di contratto in somministrazione a tempo indeterminato. A questo dato va poi aggiunta anche quella quota di ex occupati in staff leasing che continua a tempo indeterminato nella somministrazione pari al 4,2%. La restante quota approda o ad un contratto a termine “standard” (13,7%) oppure resta nella somministrazione ma con un contratto a termine (7,4%)
Pur riconoscendo la sua indubbia utilità, riteniamo che se ne debba fare un utilizzo coerente con le finalità originarie: garantire un contemperamento tra le esigenze di flessibilità richieste dall’attuale mercato del lavoro e un’adeguata tutela della posizione del lavoratore (flexicurity). Pertanto, qualsiasi uso abusivo o fraudolento deve essere condannato.
Non riteniamo, infatti, che un contratto di somministrazione a tempo indeterminato possa legittimare un utilizzo indiscriminato nel tempo all’interno delle imprese utilizzatrici. Allo stesso tempo, riconosciamo che le attuali condizioni di imprevedibilità, incertezza e necessaria flessibilità non consentono sempre alle imprese di individuare in anticipo un termine preciso dell’assegnazione.
Alla luce di ciò, riteniamo utile elaborare proposte volte ad arricchire lo strumento di ulteriori tutele e a mitigarne potenziali usi impropri o surrettizi:
La circostanza più gravosa per un lavoratore in missione dopo un lungo periodo presso lo stesso utilizzatore è spesso il recesso ad nutum, talvolta comunicato dall’oggi al domani. Ciò genera inevitabile incertezza sul proprio futuro occupazionale. Riteniamo necessario prevedere un congruo periodo di preavviso di cessazione della missione, progressivo in base alla sua durata, con relativo indennizzo in caso di inadempimento. Questa previsione metterebbe il lavoratore nelle condizioni di attivarsi per nuove opportunità, anziché subire passivamente le scelte dell’impresa utilizzatrice.
Il lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’Agenzia e impiegato a lungo presso un utilizzatore matura competenze e professionalità spendibili nel mercato del lavoro, soprattutto in un periodo di carenza occupazionale. Occorre quindi valorizzare economicamente tale accrescimento, attraverso due possibili strumenti:
Un lavoratore impiegato a lungo presso un utilizzatore matura una legittima aspettativa di continuità. Tale aspettativa è frustrata quando l’utilizzatore interrompe la missione e, contestualmente, assume altri lavoratori nelle stesse mansioni. Il fenomeno del turn over è tra i più odiosi per i lavoratori somministrati. La normativa prevede l’obbligo di informazione sui posti vacanti: riteniamo necessario trasformare tale previsione in un vero e proprio diritto di precedenza, effettivamente esigibile.
Per valorizzare pienamente i periodi di lavoro in somministrazione, soprattutto a tempo indeterminato, è necessario prevedere la certificazione delle competenze come diritto soggettivo, al pari della formazione. È uno strumento strategico nel mercato del lavoro attuale, e la bilateralità può giocare un ruolo decisivo nel garantirne portabilità e spendibilità.
Riteniamo utile introdurre meccanismi consultivi nelle aziende utilizzatrici per verificare periodicamente se permangono le condizioni di temporaneità che giustificano la presenza della somministrazione. La temporaneità non può essere definita esclusivamente da un limite temporale, ma deve tener conto di fattori legati a flessibilità, imprevedibilità, specificità settoriali e territoriali, condizioni internazionali e fattori esogeni. Proponiamo, dunque, l’istituzione di un luogo di consultazione che consenta una gestione condivisa della “buona flessibilità”, in prossimità al raggiungimento del limite massimo di durata eventualmente previsto dalla contrattazione collettiva, anche al fine di evitare fenomeni di turn over.
Riteniamo che il recesso dalla missione in costanza di condizioni di particolare fragilità, come malattia, infortunio o gravidanza, debba essere vietato, trattandosi di situazioni di particolare vulnerabilità.
Consideriamo la procedura di ricollocazione una delle misure più qualificanti del contratto a tempo indeterminato in somministrazione. Proponiamo un rafforzamento delle tutele durante questa fase, con una formazione maggiormente aderente alle necessità del mercato e con un incremento dell’indennità di disponibilità, parametrata alla retribuzione percepita in missione. Riteniamo inoltre opportuna una maggiore estensione della durata della procedura.
L’art. 36 del D.Lgs. 81/2015 riconosce ai lavoratori delle Agenzie i diritti sindacali previsti dalla Legge 300/1970, nonché il diritto ad esercitarli presso l’utilizzatore. Riteniamo necessario rafforzare le tutele dei lavoratori somministrati che svolgono il ruolo di delegati sindacali, poiché la cessazione di una missione motivata dalla volontà di limitarne l’azione rappresentativa sarebbe particolarmente lesiva e rischierebbe di gettare discredito sull’intero settore.
Le misure sopra indicate, che potrebbero riguardare non solo lo staff leasing ma anche i lavoratori assunti a tempo indeterminato con assegnazione temporanea, dovrebbero a nostro avviso essere introdotte tramite un intervento legislativo che ne definisca i principi generali, demandando alla contrattazione collettiva ampi spazi di declinazione concreta, o in alcuni casi la completa disciplina degli istituti. Recentemente la contrattazione collettiva, nel provare a regolare l’istituto nei confronti delle imprese utilizzatrici, ha previsto periodi di moratoria finalizzati a gestire percorsi di stabilizzazione. A tal fine, sarà utile valorizzare le sedi bilaterali e paritetiche, luoghi di reale partecipazione nel governo del settore, per attività di monitoraggio dell’istituto, al fine di rendere effettivi i diritti e le tutele previste.
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