Somministrazione. Con il nuovo CCNL un’altra spinta alla (buona) flessibilità. L’articolo dei Segretari Mattia Pirulli e Daniel Zanda

Felsa-Cisl, Nidil-Cgisl e UilTemp hanno sottoscritto
definitivamente, con le rispettive rappresentanze datoriali, il nuovo
testo del Contratto collettivo nazionale del settore delle Agenzie di
somministrazione di lavoro.

Felsa-Cisl, Nidil-Cgisl e UilTemp hanno sottoscritto
definitivamente, con le rispettive rappresentanze datoriali, il nuovo
testo del Contratto collettivo nazionale del settore delle Agenzie di
somministrazione di lavoro. Diversi sono gli elementi cardine di
questo nuovo contratto collettivo che, al di là del “tecnicismo
normativo” delle dizioni, definiscono il contenuto della sfida che
le parti sociali hanno comunemente assunto per migliorare la
condizione delle lavoratrici e dei lavoratori in somministrazione.

Come prima cosa viene ribadito e rafforzato ulteriormente il
principio della parità di trattamento, tra i lavoratori assunti con
un contratto di somministrazione da un’agenzia per il lavoro e un
lavoratore assunto direttamente da un’azienda. Questo è un
principio al quale le parti sociali non verranno mai meno, in quanto
rappresenta il presupposto con il quale sostenere la medesima dignità
tra lavoratori con tipologie contrattuali differenti.

Viene
inoltre previsto un rafforzamento del welfare bilaterale e
integrativo del settore, con un ampliamento dei benefici economici e
delle platee di destinatari delle attuali 16 prestazioni tra
agevolazioni, sostegni e tutele rivolte ai lavoratori. Una
particolare novità consiste nel rafforzamento della mobilità
territoriale, come tentativo di limitare il disagio provocato da un
eventuale trasferimento, allo scopo di cogliere tutte le
opportunità occupazionali che si presentano al lavoratore. Inoltre,
per coloro che perdono il lavoro da un contratto di somministrazione
e hanno lavorato almeno 110 giorni nell’ultimo anno, viene
riconosciuto un sostegno al reddito una tantum di 1.000 euro (che
scende a 780 euro in caso di anzianità lavorativa di soli 90
giorni).

Coloro che restano senza impiego, maturano anche un diritto alla
“presa in carico”, possono cioè rivolgersi a una qualsiasi
agenzia per il lavoro sul territorio, liberamente individuata con il
supporto degli sportelli sindacali, che è tenuta a svolgere attività
di orientamento e bilancio delle competenze, oltre che organizzare un
percorso formativo professionalizzante, finalizzato alla
ricollocazione del lavoratore. Abbiamo costruito nel settore della
somministrazione il mix di politiche passive di sostegno al reddito e
di politiche attive e di presa in carico per la ricollocazione,
entrambi attivabili dalla persona interessata e riponendo al centro
il ruolo strategico della formazione anche come strumento di
reinserimento lavorativo.

Con lungimiranza le parti sociali hanno deciso di sostenere il
contratto a tempo indeterminato nella somministrazione, favorendo
missioni lavorative più lunghe, cos è da evitare situazioni di abuso
o di uso improprio, riconducendolo a una più appropriata stabilità
contrattuale. Sempre su questa materia, con le agenzie per il lavoro
abbiamo incentivato la ricollocazione presso diverse imprese
utilizzatrici: questa è una sfida importantissima, perchè
presuppone una svolta nel contratto a tempo indeterminato nella
somministrazione. Da una concezione che lo relega a essere un
“surrogato” della stabilizzazione vera e propria, si compiono
passi sostanziali in un’iniziativa verso l’agenzia (il datore di
lavoro formale), sempre più chiamata a sviluppare e garantire la
continuità lavorativa, a prescindere dalle singole imprese
utilizzatrici con le quali il lavoratore viene inviato in missione.

In questo senso il nuovo contratto di lavoro del settore prevede
diversi meccanismi di incentivo verso comportamenti organizzativi più
virtuosi, come ad esempio la valorizzazione dei rapporti di lavoro di
lungo periodo; viceversa, saranno attivate delle penalizzazioni nel
caso in cui l’agenzia per il lavoro risolva il contratto dopo un
breve periodo di assunzione. Nei fatti il tempo indeterminato con
l’Agenzia per il lavoro, con questo nuovo contratto collettivo,
acquisisce piena dignità, non più come sostitutivo, come detto, del
“vero” tempo indeterminato direttamente alle dipendenze
dell’azienda, ma portatore di tutele moderne nei confronti dei
lavoratori, in quanto attribuisce maggiori responsabilità ai datori
di lavoro (le agenzie) nel ricollocare e dare opportunità
occupazionali nell’intero mercato del lavoro.

Questa seconda dimensione è diventata sempre più centrale in
quanto, come emerge dai dati, la quantità dei tempi indeterminati
nella somministrazione è raddoppiata in meno di un anno, superando
ad agosto 2019 le 78.000 unità. Con queste nuove tutele auspichiamo
che, oltre alla quantità, aumenti anche la qualità dei rapporti di
lavoro.

Un’altra importante innovazione è rappresentata dal sostegno
alla contrattazione decentrata di secondo livello attraverso forme di
incentivazione economica: vengono messe a disposizione risorse della
bilateralità di settore, finalizzate a promuovere accordi di secondo
livello che abbiano come obiettivi la continuità occupazionale,
percorsi di stabilizzazione e la ricollocazione dei lavoratori. Ciò
rafforza la nostra convinzione circa il fatto che il lavoro stabile
non si ottiene “per decreto”, ma attraverso un’attenta lettura
delle dinamiche del variegato e articolato mercato del lavoro. Ci
saranno quindi situazioni in cui sarà possibile incentivare percorsi
di stabilizzazione, mentre in altri casi (ad esempio. incertezze
produttive e di mercato) il miglior risultato possibile sarà quello
di dare maggiori occasioni di lavoro.

Questo contratto ha avuto l’importante novità di essere stato
condiviso e partecipato da migliaia di lavoratori in
somministrazione, incontrati in centinaia di assemblee su tutto il
territorio nazionale. Nel corso degli anni, non solo abbiamo
rafforzato e ampliato la nostra base associativa, ma abbiamo nominato
centinaia di rappresentanti sindacali aziendali: lavoratori che
nonostante un rapporto di lavoro temporaneo si mettono gratuitamente
a disposizione dei propri colleghi, svolgendo il ruolo fondamentale
di portare a sintesi le problematiche ed esigenze dei lavoratori cos è
da farle diventare priorità e azione dell’organizzazione
sindacale. Con questo rinnovo diamo ancora più peso ai delegati
sindacali, responsabilizzando tutto il settore verso forme di
rappresentanza più mature, confermate attraverso l’elezione tra i
lavoratori.

Con questa intesa le parti sociali hanno dimostrato ancora una
volta che le vere soluzioni nel mercato del lavoro si trovano
applicando fino in fondo il principio di sussidiarietà nella
regolazione della società: ovvero i soggetti più prossimi ai
problemi reali, con buona pace per i sostenitori della
disintermediazione, possono essere i costruttori d’intese ponderate
ed equilibrate e quindi realizzabili e sostenibili nel tempo, cos è
da generare risultati convenienti per entrambi i contraenti.

È opportuno che il legislatore non solo non ostacoli, ma
auspicabilmente favorisca, almeno nel metodo, la dinamica
contrattuale e sostenga il valore delle intese che da essa
discendono. Una materia come il mercato del lavoro (e in esso un
ambito particolare come il lavoro temporaneo e discontinuo), non può
essere regolato solo con la centralizzazione legislativa. Occorre
discernimento tra la flessibilità buona e necessaria (quindi
da tutelare) e quella invece da combattere, che produce incertezza e
precarietà non solo lavorativa ma anche sociale. Quindi, oltre ad
ampliare le possibilità offerte alla contrattazione collettiva per
una regolamentazione integrativa del mercato del lavoro, il
legislatore dovrebbe intervenire nel merito del lavoro temporaneo
almeno su due aspetti.

Un primo intervento riguarda la revisione della maggiorazione
contributiva Naspi dello 0,5%, prevista su ogni rinnovo contrattuale.
Questa misura può essere considerata assolutamente di buon senso se
riferita a datori di lavoro classici, o comunque, anche nel settore
della somministrazione, se limitata ai rinnovi presso la stessa
impresa utilizzatrice: nei fatti andrebbe a penalizzare e quindi
disincentivare il moltiplicarsi di contratti brevi e reiterati, uno
dei principali fattori di precarietà per i lavoratori. Deve però
essere assolutamente specificato che tale maggiorazione non si
applica se il rinnovo viene effettuato dalla medesima agenzia per il
lavoro proponendo al lavoratore delle missioni presso diverse aziende
utilizzatrici: in questo caso non si farebbe il bene del lavoratore,
anzi, si limiterebbe la sua potenziale ricollocazione all’interno
del mercato del lavoro.

Un secondo intervento, riguarda il sostegno (almeno
contributivo) ai rapporti di lavoro part-time svolti in modo
verticale e ciclico, ovvero gli assunti a tempo indeterminato che
prestano la loro attività solo per alcuni mesi all’anno. Questo
fenomeno ha avuto un incremento esponenziale dopo l’entrata in
vigore delle limitazioni introdotte dal Decreto dignità, in quanto
la normativa viene aggirata attraverso l’assunzione a tempo
indeterminato del lavoratore, ma facendolo lavorare solo alcuni mesi
all’anno e gli preclude la possibilità di percepire il sussidio di
disoccupazione, generando altresì periodi senza i contributi.

È quindi decisivo rilanciare un’iniziativa per riportare il
legislatore verso il sostegno alla contrattazione, in una logica che,
nel metodo e nel merito, permetta di adeguare e finalizzare le scelte
utili a cogliere le differenze e le diversità: solo cos è si
potranno evitare forme di dumping sociale e rendendo effettive le
regole in modo sostanziale.