Valore Sport: un universo da conoscere, regolamentare e tutelare

Dello sport si parla sempre in maniera marginale o per dare
notizia di eventi che, nel bene o nel male, non sono comunque
totalmente rappresentativi di una galassia ben più ampia e complessa
e di cui finanche le statistiche non sono talvolta di facile
reperibilità.

Dello sport si parla sempre in maniera marginale o per dare
notizia di eventi che, nel bene o nel male, non sono comunque
totalmente rappresentativi di una galassia ben più ampia e complessa
e di cui finanche le statistiche non sono talvolta di facile
reperibilità. A riguardo, dai dati più recenti elaborati dal CONI
emerge che sono oltre 1 milione gli operatori impiegati nello sport,
di cui solo 117.000 circa quelli cui è riconosciuta la qualifica di
lavoratore; di questi circa 40.000 sono coperti dal CCNL dello sport
sottoscritto da Slc-Cgil, Fisascat-Cisl e Uilcom-Uil con ASC
Confcommercio. Da ciò ne consegue che la quota largamente
maggioritaria di addetti è oggi priva di una regolamentazione in
grado di dare risposte adeguate alle tante professionalità coinvolte
nei diversi ambiti dello sport che – è bene ricordalo – oltre
alle sei Federazioni sportive professionistiche (calcio,
motociclismo, ciclismo, pugilato, golf e pallacanestro) comprende
numerose altre Federazioni, Associazioni, Società sportive o Enti di
promozione sportiva dove prevale la logica dell’attività sportiva
intesa come puro dilettantismo o volontariato.

A ciò si aggiunga che l’emergenza occupazionale e le connesse
esigenze di tutela e di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, che
inevitabilmente sono state acuite dalla diffusione del Covid-19 nel
nostro Paese, hanno riportato alla luce le diverse lacune che questo
mondo presenta e che rischiano di moltiplicarsi in assenza di una
riforma complessiva del settore da più soggetti auspicata da anni,
ma che stenta a vedere la luce.

Come Felsa Cisl, insieme alle altre categorie di rappresentanza
delle lavoratrici e dei lavoratori atipici/no standard di Cgil e Uil,
durante il picco della pandemia ci siamo adoperati – per quanto di
nostra competenza – per sollecitare il Governo ad adottare, anche a
favore dei collaboratori sportivi, misure di sostegno al reddito in
un fase di totale blocco delle attività sportive. Iniziativa che ha
portato al riconoscimento nell’ambito del Decreto “Cura Italia”
del bonus di 600 euro che, ad oggi, ha coperto una platea di 83.333
lavoratori, a fronte delle 131.077 persone che si sono iscritte sulla
piattaforma di Sport e Salute SpA alla data del 30 aprile scorso. Un
intervento che non possiamo di certo considerare esaustivo ma che,
comunque, è un segnale di quel cambio di rotta invocato a più
livelli. Soprattutto, le nuove risorse appostate dal Governo dovranno
andare a soddisfare le domande finora escluse.

Pensiamo infatti che siano maturi i tempi per accelerare quel
processo di cambiamento che come Organizzazione sindacale siamo ormai
certi essere la questione più pressante, emersa anche dai numerosi
incontri con lavoratori e realtà associative dello sport.
Continueremo ad ascoltare e farci carico di queste istanze perchè
non vogliamo eludere il confronto, forti del nostro ruolo di
negoziatori che, anzi, vogliamo esercitare avendo chiaro che la
ricerca di risposte per la galassia dello sport deve avere un
approccio a 360 gradi e riguardare più ambiti:
giuridico-legislativo, contrattuale, previdenziale, assicurativo e
formativo, attesa la funzione sociale, educativa e sanitaria dello
sport a tutti i livelli.

Come prima cosa occorre, a nostro avviso, ridefinire le
professioni e le professionalità presenti nello sport
dilettantistico, partendo dalla constatazione che la mera distinzione
tra professionismo e dilettantismo non è più oggi sufficiente a
delimitare i confini del variegato universo sportivo che negli anni
ha cambiato pelle e organizzazione. Pensiamo che su questo specifico
aspetto sia di primaria importanza proseguire l’interlocuzione
avviata in queste settimane con il Ministero dello Sport, presso il
quale auspichiamo di attivare un tavolo di confronto stabile,
prendendo spunto anche dagli input contenuti nella legge n. 86/2019
che, sebbene limitata temporalmente, pensiamo offra spunti importanti
di riflessione a partire dal fatto che assegna delega al Governo per
il riordino e la riforma degli enti sportivi professionistici e
dilettantistici, nonchè del rapporto di lavoro sportivo.

Una questione molto spinosa è certamente costituita dalla vicenda
previdenziale, assistenziale e assicurativa dei collaboratori
sportivi, per i quali non esiste un Fondo ad hoc ed ai quali è
preclusa anche l’iscrizione alla Gestione Separata Inps, fondo cui
sono per legge tenuti ad iscriversi e versare contributi proprio
tutti gli altri collaboratori coordinati e continuativi. In altri
termini, alla categoria dei collaboratori sportivi è negato
l’accesso ad istituti che dovrebbero essere universali quando si
lavora, come la malattia, l’infortunio, la maternità per le tante
addette donne dello sport (il che ci ricorda anche taluni gap di
genere che pure vanno colmati in questo mondo), nonchè la
possibilità di accedere ad una pensione futura dignitosa.

Questa condizione chiama in causa proprio il tema della dignità
del lavoro su cui crediamo ci si debba confrontare prevedendo, nel
merito, un intervento legislativo volto a riconoscere anche ai
collaboratori dello sport tutela previdenziale, assicurativa e
assistenziale di tipo pubblico, magari anche sostenuto da un sistema
di tutele di tipo mutualistico/bilaterale da realizzarsi, a nostro
avviso, con meccanismi di gradualità tali da salvaguardare la tenuta
dell’intero sistema in conseguenza dell’aumento del costo del
lavoro. In questo processo potrebbe trovare spazio anche una verifica
dell’attuale sistema di imposizione fiscale.

Sul piano della contrattazione collettiva siamo disponibili come
Felsa Cisl a dare il nostro contributo di esperienza più che
ventennale nell’ambito delle collaborazioni coordinate e
continuative per arrivare alla definizione di un Accordo Quadro
Nazionale dei collaboratori e dei lavoratori autonomi dello sport in
grado di regolamentare le diverse tipologie professionali in base
alle mansioni svolte e agli ambiti ricoperti. In questo senso siamo
già al lavoro, insieme a diverse strutture territoriali e comparti
della Felsa, per l’elaborazione di proposte e idee concrete e
percorribili, per una vertenza che certamente non si presenta
semplice ma che è ormai ineludibile per riuscire a costruire
risultati veri per persone fino ad oggi poste ai margini del mercato
del lavoro. Noi siamo pronti!